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Oggi ti raccontiamo il romanzo d’esordio di Rocco Civitarese (classe 2000): Giaguari invisibili di (Feltrinelli editore, collana I Narratori, 288 pagine) intervistando l’autore. Secondo noi ti piace se sei fatto così:

Genere: maschio o femmina

Età: dai 16 anni in su

Carattere e stato d’animo: sei un lettore in cerca di un punto di vista fresco, giovane e tra le pieghe di un libro vuoi anche trovare una risata, e, se potessi, ti piacerebbe rivivere i brividi del tuo primo amore

Libri piaciuti: Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti, L’amore è eterno finché non risponde di Ester Viola e La banda dei Brocchi di Jonathan Coe

Ascolta l’intervista attivando il player (o scarica il podcast qui):

Oppure leggi la trascrizione:

D: La domanda è quasi d’obbligo: come si fa a diventare scrittori?

R: Penso che la chiave sia leggere tantissimo. Posso dividere la mia fase di lettore in “prima di scrivere” e in “dopo l’aver iniziato a scrivere”. Prima leggevo soprattutto per divertimento e poi ho dovuto leggere anche con un’attenzione un po’ critica, cioè provavo a rubare i trucchi degli scrittori, il loro modo di costruire le frasi eccetera… quindi ovviamente, oltre ad ammassare un sacco di ore di lettura, penso sia fondamentale esercitarsi molto a scrivere. All’inizio avevo la pretesa che il primo testo che scrivessi fosse quello buono, in realtà c’è voluto un sacco di allenamento, un sacco di scartoffie, prima di arrivare a Giaguari invisibili.

D: Raccontaci cos’è successo nel mezzo: qualcuno ha letto le tue cos e ha detto: «Ecco qua uno scrittore?»

R: Dopo aver iniziato a scrivere, ho subito ricevuto alcuni pareri positivi e incoraggiamenti però mancava l’approdo ad una casa editrice. Ho avuto la fortuna di partecipare al Premio Calvino con un testo che si chiama Miele, due anni fa mi sembra, e questo testo ha ottenuto una segnalazione speciale: non ha vinto, ma era l’undicesimo finalista, per dire. Il presidente del Calvino, Mario Marchetti, mi ha poi messo in contatto con una persona di sua fiducia, Benedetta Centovalli, che è stata un’editor e adesso è la mia agente e quindi è stato grazie a lei che poi sono riuscito ad avere lo sbocco in Feltrinelli.

D: Parliamo di Giaguari invisibili: se tu dovessi definirlo, che libro sarebbe? Un romanzo di formazione, un libro adolescenziale, o una testimonianza che descrive la tua e che vuole parlare a chi? Di che cosa?

R: Si parla sempre di Giaguari invisibili come di un romanzo generazionale sull’adolescenza, ma la cosa che ci tengo di più a dire è che è un romanzo divertente. I personaggi sono dei diciottenni perché una delle prime regole che mi sono dato è stata quella di scrivere di quello che so ‒ quindi un adulto, per dire, io non saprei bene come farlo muovere ‒ e certo penso che l’età, cioè i 18-19 anni dei personaggi, possa indirizzare verso una definizione di romanzo generazionale. Però il mio scopo era quello di scrivere una storia e basta, non di fare un manifesto dell’adolescenza del 2000.

D: Quanto hai cercato per trovare questa tua voce, che è anche piuttosto particolare, per esempio è inframmezzata dai pensieri dei personaggi?

R: Quello che mi ha innescato la scrittura è stata la lettura dei testi di Ammaniti, cioè lui mi ha fatto capire che se io avessi dovuto fare lo scrittore più o meno il registro che avrei utilizzato sarebbe stato il suo. Quindi la prima fase è stata quella di imitazione di Ammaniti, poi ho integrato con altre letture, penso a John Fante, che mi ha mostrato un modo di scrivere ironico, e penso anche a Philip Roth. Io scrivo in modo totalmente diverso da Philip Roth ma lui mi ha allargato l’immaginario e mi ha fatto vedere quante cose si possono fare sulla pagina. Se si riesce a trovare uno scrittore come modello è il massimo! Poi bisogna leggere tantissimo per arrivare a definire la propria voce.

D: Parli di amore e di amicizia, due temi universali: non ti ha spaventato raccontare la tua su queste cose?

R: Mah, no, all’inizio la cosa più imbarazzante è stato scrivere dei genitori, che di solito risultano sempre un po’ distorti, diciamo: la mamma nel libro prepara i broccoli, il padre legge Repubblica e urla da tutte le parti. Parlare di amicizia invece non mi ha imbarazzato per il fatto che ci sono solo alcuni spunti autobiografici ma poi è tutto inventato. Se qualcuno mi dice «Ah ma questo sei tu? E questa è la tua storia d’amore?» io mi difendo e dico che no, in realtà è tutto frutto della mia fantasia.

D: Cos’hanno detto i tuoi amici, i tuoi compagni di classe?

R: I miei amici sono quelli che l’hanno letto quando era ancora in bozze, cioè senza copertina, e lo facevano a tempo di record. C’è chi l’ha letto in una notte, chi in un pomeriggio, e piaceva un po’ a tutti. Io sono un po’ lo scrittore della classe quindi mi dimostrano molto affetto.

 





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