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Da qualche parte tra i pensieri di un uomo o di una donna,  nel file word di un computer o in taccuino da portare in giro ha inizio la vita di un libro. E gli scrittori dove nascono? Come diventano tali?

Abbiamo conosciuto Elvis Malaj (Malësi e Madhe − Albania, classe 1990) alla presentazione padovana, in anteprima, del suo libro d’esordio, la raccolta di racconti Dal tuo terrazzo si vede casa mia (Racconti edizioni, 164 pagine) e  l’abbiamo invitato in radio a raccontarci di sé, per cercare di trovare una risposta a questa domanda. I suoi racconti secondo noi ti possono piacere se sei fatto così:

Genere: maschio o femmina

Età: dai 18 anni in su

Carattere e stato d’animo: non ne puoi più delle ipocrisie! Le cose vanno dette per come sono e, al limite, se possibile, è bene riderci su

Libri piaciuti: Fango di Niccolò Ammaniti, Il giorno che diventammo umani di Paolo Zardi e Bartleby lo scrivano di Herman Melville

Queste sono alcune delle cose che ci ha detto:

[Per diventare uno scrittore] devi essere un po’ facciatosta, un po’ sbruffone, già “decidere” che sei uno scrittore anche se non lo sei per niente. [Aiutano anche] le batoste, cadere e rialzarsi, persino decidere che non fa per te e poi cambiare idea… […] Bisogna farsi le ossa.

Ho preso per la prima volta il libro in mano, in libreria in mezzo alla gente, non l’avevo ancora visto prima, ma me lo sono goduto solo quando sono tornato a casa, in camera mia da solo.

Penso che qualsiasi scrittore parta scrivendo racconti prima di cimentarsi con un romanzo. […] La casa editrice per cui pubblico [la Racconti edizioni] si occupa solo di racconti, una scelta che potrebbe sembrare azzardata, ma sono contento di pubblicare questa raccolta con loro, perché se avessi pubblicato con qualsiasi altro editore sarebbe stata considerata un’opera secondaria, invece per loro è un’opera punto e basta.

Anni fa ho avuto la possibilità di pubblicare una raccolta con un editore, occasione che però è sfumata. Allora ho smesso di scrivere del tutto.

I miei personaggi sono quasi sempre irrimediabilmente albanesi, però è una cosa secondaria. 

La posizione [dello straniero] da cui osservare le cose è proficua per uno scrittore perché ti permette di non essere nè da una parte né dall’altra: puoi non dare spiegazioni, racconti e basta.

Guarda il video con l’intera intervista:





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