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Valentina ha un debole per la mitologia greca, c’è poco da fare. E da brava ingegnere, oltre che lettrice, ha costruito un database con i personaggi del mito, le genealogie, le biografie. Perciò quando le è capitato di avere tra le mani “Nostos” di Antonella Del Giudice (Ad Est dell’Equatore edizioni, collana Liquid, 90 pagine) si è sentita particolarmente appagata. Questo libro potrebbe piacere anche a te se ti riconosci in questo identikit:

Genere: maschio o femmina

Età: dai 25 anni in su

Carattere e stato d’animo: hai un carattere che contiene gli opposti. Sei poetico ma anche pragmatico, raffinato e minimalista, riflessivo ma vai sempre al sodo. In questo momento hai bisogno di una lettura che ti porti lontano ma che ti ricordi quello che hai sempre sotto gli occhi

Libri piaciuti: “I miti greci” di Robert Graves, “Cassandra” di Christa Wolf, “La morte della Pizia” di Friedrich Dürrenmatt

Il racconto che fa in “Nostos” Antonella Del Giudice attinge al mito, con qualche licenza, ma in realtà guarda alla nostra realtà contemporanea.

È la storia di Ulisse, che al ritorno ad Itaca, dopo aver sconfitto i Proci, trova non una sposa impaziente di riabbracciarlo ma Penelope frustrata e forse invaghita di Alcinoo che lui ha ucciso;  non un figlio ammirato ma Telemaco ateo, che lo vuole scalzare per regnare in pace insieme alla sua Nausicaa su un’isola di sasso fatta di agricoltori e pastori. La racconta Nestore, re di Pilo, oramai vecchissimo, che gli giunge in soccorso, ma senza armi e senza flotta, e finisce con l’ascoltare le diverse ragioni, pur restando fedele all’eroe a fianco del quale ha combattuto la Guerra di Troia, amico di una vita.

Antonella Del Giudice racconta attraverso il mito uno scontro generazionale, che tanto ci ricorda quello che potrebbe avvenire (o dovrebbe?) qui, ora. Ascolta cosa ci ha detto l’autrice. Premi play o scarica il podcast qui:

 

Il linguaggio che Antonella Del Giudice ha scelto per “Nostos” mescola sapientemente le parole antiche a quelle quotidiane, le descrizioni che tolgono il fiato ai dettagli concreti, quasi dissonanti.

Ecco, per esempio, la descrizione di Penelope, una delle protagoniste della storia, insieme ad una resuscitata Melanto (la schiava traditrice che svelò ai Proci l’inganno della regina, che tesseva di giorno e scuciva di notte) e ad Euridice, moglie di Nestore che “non riconosceva alcuno e si svegliava ogni mattina ignara del mondo”:

Per anni Penelope aveva stirato la chioma in strette crocchie appuntate alla nuca, tanto che i capelli le si erano assottigliati e sfoltiti alle tempie, per cui più alta e vasta appariva la fronte bianca. Le spennellate liliacee che le maculavano il cuio capelluto tradivano la pittura con la quale la regina truccava la canizie e denunciavano una ostinata, commovente, civetteria. Anche le sopracciglia erano sapientemente disegnate a carbone e le labbra erano troppo coralline per essere naturali.

In realtà, la figlia prediletta di Icario avvenente non era mai stata, così alta e piatta di seno, così scavata nel viso e inespressiva; sovente, tra uomini a Troia, lontano dagli orecchi di Ulisse, si era commentato salacemente su cosa di lei avesse attratto l’insigne itacese, tanto sensibile alle belle femmine e da loro ricercato. E i più volgari tra i guerrieri avevano alluso malignamente alla ricchissima dote.

Antonella Del Giudice nel suo breve ma intenso romanzo rovescia il lieto fine cui l’Odissea ci aveva consegnati. L’eroe non si rassegna alla ciclicità della vita ed è belligerante, la moglie traditrice, il figlio ingrato. Ognuno, come accade fuori dal mito, ha ragioni e interessi da perseguire e non ci sono divinità a sciogliere il groviglio. L’autrice ci svela che ha deciso di far risolvere il conflitto, non a caso, a una donna. Ascolta la ragione di queste scelte premendo play (o scarica il podcast qui):

 

Insieme alla razionalità degli intrighi politici, alla scaltrezza di chi legge la verità per quella che è, Antonella Del Giudice concede uno spazio anche al romanticismo, forse proprio all’amore quello vero, che riconsegna Euridice “posseduta da un demone torvo” a Nestore ogni giorno:

A piedi nudi, Nestore e Euridice, passeggiavano intrecciando le orme; gli orli dei sontuosi pepli si intridevano di sabbia e acqua, mentre il cielo andava ad agganciarsi alla baia tonda per chiudere intorno a loro il cerchio perfetto. Euridice ogni giorno si sorprendeva estasiata. E ogni giorno si innamorava perdutamente di suo marito, padre dei suoi numerosi figli, come di uno sconosciuto.

 

 

 

 

 

 

 

 





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